Da un’idea di Vittorio Sgarbi, torna a Palazzo dei Priori di Fermo “Il tempo delle mostre”, con le opere pittoriche di Antonio Ligabue e di Giuseppe Pende. Dal 6 dicembre 2023 al 5 maggio 2024 le sale del Palazzo ospitano insieme due esposizioni per raccontare le rispettive genialità: “Spiriti selvaggi. Antonio Ligabue e l’eterna caccia” e “Giuseppe Pende. Realtà, sogno e visione”.
La mostra di Antonio Ligabue, curata da Vittorio Sgarbi e Marzio Dall’Acqua, propone oltre 40 opere, di cui il quadro immagine della mostra (“Vedova nera”) che non è esposto dal 2015 e due inedite (“Volpino” e “Aratura con buoi”). L’esposizione di Fermo presenta la sua natura dipinta, teatro di una violenza implacabile, e alcuni autoritratti nei quali dipinge il proprio dolore esistenziale, gridandolo con l’urgenza di una sensibilità intensa e felina. È il tormento di un’anima che grazie alla pittura trova la propria voce e il proprio riscatto. L’antologia di belve feroci che lottano per la sopravvivenza: una vera e propria giungla che l’artista immagina con allucinata fantasia fra i boschi del Po. La natura dipinta da Ligabue è il teatro di una violenza implacabile. Per Ligabue essere autodidatta vuol dire seguire una lingua propria, istintiva, fuori dall’accademia.
Essere autodidatta è una condizione necessaria. Il suo, fin dagli inizi, è un corpo a corpo con la tela, in una dimensione visionaria, che non ha niente a che fare con il Surrealismo, e che rappresenta, attraverso gli archetipi della foresta, della giungla, della terra dei contadini, del fiume, la verità primaria di un uomo senza storia. In realtà, prima della storia, liberare istinti, pulsioni, desideri e, ancor più, mimare l’urlo della tigre per meglio rappresentarla, è una liberazione come fu, per i pittori-cacciatori, nelle grotte di Lascaux.
La mostra di Giuseppe Pende nel Palazzo dei Priori a Fermo, curata da Vittorio Sgarbi, presenta l’arte dell’artista fermano sospeso tra innovazione e tradizione, spesso in fuga verso l’immaginario. Pende ha una visione paradisiaca della natura, un grande amore per il vero e la tendenza a rendere poetico e suggestivo il verosimile anche di soggetti irreali e fantastici; con dipinti di proprietà degli eredi, potrebbe sembrare a colpo d’occhio più una collettiva di pittori che una piccola selezione di opere di un unico artista, ma il filo conduttore è il suo genio pittorico che incanta anche per l’equilibrio compositivo, la bellezza, la poesia e per la serenità e la sorpresa indotte nell’osservatore che, al cospetto di alcuni suoi paesaggi, può anche giocare con la mente cercando quei particolari microscopici e invisibili a occhio nudo che li fanno divenire, dopo l’impatto iniziale, dei paesaggi surreali. Emblematica l’opera “Con le pietre parlavo” variante del ‘92.
Iniziativa realizzata con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo.